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martedì 24 gennaio 2012

ANTICIPARE L'INGRESSO DEI BAMBINI NELLA SCUOLA: RIFLESSIONI PEDAGOGICHE

Carla Manfreda, la nostra pedagogista, riflette sul tema dell'ANTICIPO SCOLASTICO e di ciò che esso comporta.

"Tra gli aspetti più evidenti e concreti della riforma della scuola ha trovato immediata risposta e concretizzazione l’anticipo scolastico per i bambini del terzo anno di vita verso la Scuola dell’Infanzia e per quelli del sesto verso la Scuola Primaria.
L’anticipo scolastico ha il suo peso circa il ben-essere del bambino e il suo sviluppo perché nei primi anni di vita, sei/dodici mesi di differenza di età  significano per lui  tappe evolutive molto diverse per lo sviluppo cognitivo, la motricità fine, la motricità generale, per il linguaggio, il controllo delle emozioni e la modalità di apprendimento.

In una stessa classe può quindi essere molto impegnativo rispondere adeguatamente ai bisogni di tanti alunni diversi per il patrimonio genetico, per il vissuto, per il contesto sociale di provenienza, ma soprattutto per l’età anagrafica diversa.
D’altra parte ormai il fenomeno è diffuso, i bambini anticipatari sono una realtà e a loro dobbiamo pensare.
Cerchiamo allora di identificare e di valorizzare i possibili aspetti positivi e soprattutto orientiamo, sosteniamo chi se ne deve occupare perché i bambini possano vivere con entusiasmo e profitto i loro due, tre, quattro e successivi anni che costituiscono una occasione unica.                      
 Teniamo conto della grande plasticità e della malleabilità neuronale del cervello del bambino per l’apprendimento, che non ha confronti con quello molto più limitato dell’adulto.
Quando un bambino nasce è dotato di un abbondantissimo corredo di neuroni che attendono di essere stimolati ed utilizzati; spesso, noi adulti, sottovalutiamo il potenziale del bambino che, se si sente amato, stimato e stimolato, è in grado di fare e di apprendere molto di più di quanto possiamo credere. Oggi un bambino normodotato potrebbe imparare a “leggere, scrivere e far di conto” prima di compiere i sei anni, ma non è questo il punto: il bambino ha bisogno di crescere  in modo armonico, nella sua integralità che coinvolge l’area del corpo, dell’intelligenza e della volontà. I genitori più attenti ne conoscono l’importanza e sanno che possono contare su tanti progressi scientifici che rendono più efficace l’arte di educare. E’ naturale avere aspettative di tipo intellettivo nei confronti dei propri figli, ma se sono accompagnate da un costante lavoro verso la conquista di quelle autonomie, tipiche di ogni età che favoriscono l’autostima.
Alla Scuola dell’Infanzia può accedere anche chi non ha ancora compiuto i tre anni nei tempi canonici, ma conosce già il piacere di una certa autonomia e non solo di tipo fisiologico e chi soprattutto ha avuto la fortuna di crescere  a contatto di adulti consapevoli del suo poter ricevere e dare. 
Alla Scuola Primaria potrà arrivare con minor disagio chi, al di sotto dei sei anni, avrà superato delle difficoltà con successo e libero da pressioni o frustrazioni,  dovute all’incalzare di aspettative troppo elevate nei suoi confronti.
I bambini possono veramente perseguire e raggiungere traguardi inaspettati, quando gli adulti sanno accompagnarli, motivarli,  sostenerli.
L’aspetto ludico non dovrebbe essere disgiunto da quello formativo e di apprendimento. Il giocare, il divertirsi, lo stare bene insieme, non appartengono solo ai primi anni, ma dovrebbero far parte della vita scolastica anche molto più avanti: persino gli adulti amano il gioco lungo tutta la vita, senza limiti di età.

E’ compito degli adulti, mamme, papà e insegnanti, riconoscere e  promuovere “la centralità del bambino” nelle scelte educative e scolastiche: nessuno può sentirsene esonerato."

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